sabato 10 febbraio 2018

Max Blecher - Accadimenti nell'irrealtà immediata


“Quando guardo per molto tempo un punto fisso sulla parete mi accade a volte di non sapere più né chi sono né dove mi trovo. Avverto allora da lontano l’assenza della mia identità, quasi fossi divenuto, per un istante, una persona del tutto estranea. Questo personaggio astratto e la mia persona reale si contendono con pari forza il mio convincimento.”
Un incipit che sembra quello di un libro della Lispector, per un’opera tanto ridotta nelle dimensioni quanto densa nei contenuti.  Lo stato di “assenza da se stesso”, di sospensione della coscienza, che si genera nell’animo dell’autore quando realtà e pensiero si scontrano è il tema di questo libro: chi sono davvero, si chiede Max Blecher, quello che vive con le cose, quello che le trascende con la fantasia, o entrambi?
L’autore ci racconta dei momenti di trance che aveva da bambino, durante i quali cadeva dentro se stesso, momenti così simili a crisi epilettiche. Ne descrive i prodromi, una specie di aura olfattiva, poi lo stato di semi-incoscienza, un deliquio nel quale si lasciava volentieri scivolare e infine il ritorno, la ripresa di contatto con la realtà, con gli oggetti che gli apparivano trasformati, come fossero illuminati da una luce più vivida. Una discesa nelle profondità dell’animo che non può essere resa compiutamente a parole ma solo descritta per immagini che raccontano il progressivo espandersi della natura del protagonista, che si allarga fino a compenetrare  quella delle cose che stanno intorno a lui.
Le crisi terminano con l’adolescenza dell’autore che crescendo è costretto a rinunciare a parte del suo mondo, come se il progressivo chiarirsi delle cose abbia comportato una riduzione delle loro potenzialità (ciò che avrebbe dovuto essere un’amplificazione e una sempre maggiore fascinazione è stato per me una sfilza di rinunce e di ribassi crudeli verso la banalità; l’evoluzione dall’infanzia fino all’adolescenza ha significato un continuo rimpicciolimento del mondo e, nella misura in cui le cose si organizzavano intorno a me, il loro aspetto ineffabile spariva, come una superficie lucente che si appanna), come se la realtà uccidesse l’immaginazione. 
L’adolescenza e la giovinezza del protagonista diventano così il nostalgico e folle tentativo di difendere quel che resta di un mondo di sogni che la luce del sole manda inevitabilmente in frantumi. Il mondo nuovo che appare ai suoi occhi è un mondo nel quale lui non si riconosce (in un mondo così esatto, qualunque iniziativa diventava superflua, se non addirittura impossibile) e al quale non riesce a prendere le misure (nel mondo, le distanze non erano semplicemente quelle che percepivamo con gli occhi, infime e permeabili, bensì altre invisibili, popolate di mostri e di timidezze, di progetti fantastici e di gesti impensabili che, se si fossero per un istante coagulati nella materia di cui auspicavamo di essere composti, avrebbero trasformato l’aspetto del mondo in un cataclisma tremendo, in un caos straordinario, pieno di spietate sciagure e di estatiche beatitudini). 
È una vita incompleta quella che Blecher si trova a vivere, perché è stata privata di una parte fondamentale, cioè della possibilità di sognare. Potremmo dire che il dramma del protagonista di Accadimenti nell’irrealtà immediata è quello di ritrovarsi ad essere un corpo senza testa, e se pensiamo che l’autore trascorse gli ultimi dieci anni della sua breve esistenza costretto a letto da una grave malattia (come fosse una testa priva del corpo), sentiamo ancora più forte la voglia di arrampicarsi sulle nuvole che esce dalle pagine di questo libro.

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